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La storia

 

L'importante pittore e scrittore italiano è nato il 29 novembre 1902 a Torino. Amico di Pietro Gobetti (che scrisse il primo articolo sui quadri di Levi nel '23), fece parte del cenacolo di artisti che per qualche tempo, negli anni Venti, ebbero nel fondatore di "Rivoluzione liberale" il punto di riferimento e con lui condivisero passioni civili e culturali. Lo zio, l'onorevole Claudio Treves, è stata invece una figura di rilievo del Partito socialista.
Laureatosi in medicina a soli ventidue anni, nello stesso anno espose per la prima volta i suoi dipinti (alla Biennale di Venezia). Fu uno del gruppo dei "sei pittori di Torino" (Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio ed Enrico Paulucci), che aveva in Felice Casorati e nella sua pittura "europea" un referente artistico e in Riccardo Gualino il mecenate. Più tardi, Gobetti lo introduce nella scuola di Casorati, intorno cui gravitava la giovane avanguardia torinese. Nascono così opere (Autoritratto, 1923 ; Arcadia, 1923; Il fratello e la sorella, 1925) che risentono della lezione stilistica del maestro, ma che dimostrano anche l'apertura di Levi agli artisti della "nuova oggettività" (Kanoldt, Schad, Beckmann).
Nel curriculum di Carlo Levi c'è, inoltre, la parte cipazione ai primi gruppi di resistenza contro il fascismo. Nel maggio del 1935, alla vigilia della guerra contro l'Etiopia, ci furono numerosi arresti nelle fila di "Giustizia e libertà", il movimento libertario allora impegnato nella lotta contro al dittatura. Fra i torinesi fermati figurano Vittorio Foa, Michele Giua, Massimo Mila e, come fiancheggiatori, Cesare Pavese , Franco Antonicelli e appunto Carlo Levi.
"Siccome pericoloso per l'ordine nazionale per aver svolto [...] attività politica tale da recare nocumento agli interessi nazionali", Carlo Levi fu assegnato al confino di polizia. Destinazione Aliano, un piccolo paese in provincia di Matera, a quel tempo quasi inaccessibi le per mancanza di vie di comunicazione. Proprio dall'esperienza vissuta a stretto contatto con la realtà meridionale, che gli era totalmente sconosci uta e da cui rimase profondamente colpito, nasce "Cristo si è fermato a Eboli", non solo il suo
libro più conosciuto e citato, ma anche un romanzo che con il tempo è divenuto emblematico di una precisa situazione storico-sociale della Basilicata e, più in generale, di certe zone dell'Italia.
Qui l'autore ebbe modo di conoscere da vicino non solo storie e leggende antiche, ma anche la dura vita quotidiana dei contadini meridionali. Qui, insomma, Levi verificò "la miseria profonda di una parte oscura e dolente dell'Italia rimasta sepolta per  millenni sotto il peso dell'ingiustizia e dell'indifferenza politica"; qui venne a contatto con una popolazione che viveva ai margini della storia, e per la quale lo stesso messaggio di Cristo sembrava ancora di là da venire. "Cristo si è fermato a Eboli", appunto...Quello  che ormai è diventato un classico della letteratura italiana del Novecento, portò di fatto all'attenzione mondiale il piccolo paese lucano in cui ora lo stesso Carlo Levi è sepolto.
Il libro, tradotto in numerose lingue (dal francese al cinese), ebbe fin da subito un successo straordinario, suscitando l'interesse di intellettuali, artisti e uomini politici. Tutto ciò ebbe un riflesso anche nella storia della Basilicata, perché, per dirlo in breve, tutta l'opinione pubblica fu sensibilizzata ai gravi problemi socio-economici di una regione fino ad allora in pratica ignorata.
Altri titoli di spicco della sua intensa attività letteraria sono: "L'orologio", "Le parole sono pietre", "Il futuro ha un cuore antico", "La doppia notte dei tigli".
Carlo Levi è morto a Roma il 4 gennaio 1975.
 

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